B i o s,   l a  v i t a   c h e   s e m p r e   r i c o m i n c i a

foto Vincenzo Chisari

LA FONTANA BIOS DI RANIERI WANDERLINGH
Ambientata alla Passeggiata a mare di Messina.
Nicola Glielmi

I due elementi affusolati, colpiscono con immediatezza l’occhio dell’osservatore, assolvono alla funzione dell’interazione con l’ambiente circostante, sia esso costituito da deserto, montagne assolate, bosco, mare. La collocazione dell’opera tra gli alberi della passeggiata a mare con alle spalle la città e i monti Peloritani, sembra essere la migliore perché congiunge armoniosamente tra loro il mare, il cielo e la terra, ed instaura tra l’uomo e la natura un dialogo religioso, nel più stretto senso etimologico di unione tra l’uomo e il cielo che non dispiace alla coscienza del cristiano, del mussulmano, del buddista o dell’ateo.
In una visione frontale si può focalizzare l’immaginare dell’ala di un uccello che spicca il volo verso il cielo e richiama simbolicamente alla maternità.
L’opera suscita sensazioni di libertà, di pulizia, d’amore e d’armonia. La libertà è quella determinata dalla funzione. Il senso di pulizia è dato dall’ordine che diventa eleganza, se si può parlare d’eleganza in un’opera d’arte. L’amore è quello naturale, secondo la sua funzione. L’armonia è quella tra le singole parti e il tutto, tra le forme e i contenuti, tra le forme e i movimenti immaginabili, tra il monumento e l’ambiente circostante.
Ranieri Wanderlingh, ha realizzato un’opera che ha definito BIOS. I due fusi, uno convesso e l’altro concavo, prefigurano l’incontro di due unità pulsanti di Energia Vitale che, nell’immenso universo, formano l’origine della Vita, come scoperto da Reich e come confermato nella fisica da Alfven e Prigogine.
Tutto ciò che è vivo si muove. L’immobilità è morte e la stagnazione malattia cancerosa come
scrive Gerardo Lucente, il quale nel vedere le fotografie della fontana Bios, si è commosso fino alle lacrime. Commozione hanno provato molti visitatori dell’opera dopo la sua inaugurazione.

Che cosa ha fatto piangere Gerardo Lucente? Che cosa commuove le molte persone che si fermano
incantate a mirare l’opera che desta rispetto come un monumento sacro?
La forma degli elementi costitutivi e l’immaginabile movimento, accennato da una lieve rotazione del fuso concavo su se stesso, richiama alla mente la “Notte con cielo stellato” di Van Gogh, il quale, anticipa pittoricamente la descrizione del movimento dell’Energia Vitale, data da Wilhelm Reich in tutte le sue opere e in particolare in “Superimposizione cosmica” nel quale descrive il movimento dei flussi energetici nel cosmo per la formazione delle stelle e delle galassie.
Se è vero che veniamo dal cielo, è questo richiamo alle origini della vita, che commuove chi osserva la “Notte con cielo stellato di Van Gogh” e la fontana Bios di Wanderlingh.
Le forme della fontana scavano e lavorano nel profondo dell’osservatore, il quale può commuoversi (anche se non sa perché), e quando non si commuove riceve stimoli che potenziano il senso di libertà ed il rispetto per la natura.
La forma ovale domina negli elementi della fontana, tranne la base. La forma ovale, come ha osservato il Wanderlingh, si ripete in tutta la materia vivente dallo spermatozoo, al seme del grano, del riso, del pinolo, o del mandorlo; dal corpo degli uccelli, dei pesci e degli insetti, alle foglie e ai rami degli alberi, che, anch’essi affusolati, svettano, come l’uomo e i primati, verso il cielo, ove risiede e domina Dio, inteso realisticamente come Energia Orgonica, dalla quale origina la Vita e l’immenso e infinito universo.
Ma vediamo quest’opera più da vicino.
Le forme e le singole parti dell’opera adempiono più di una funzione in un’armonia veramente straordinaria, per la confluenza di funzioni diverse in un’unica forma.
I due fusi descrivono un 8, che è il simbolo dell’infinito, senza principio e senza fine. L’otto è la base dell’Equilibrio, della Saggezza e della Giustizia (raffigurata questa dalla bilancia che ripete la forma del numero 8), rappresenta la cifra simbolica della perfezione nell’infinito corso dell’esistenza. Dai principi femminile e maschile, rappresentati dal numero 8, composto da due cerchi, provengono gli otto elementi dell’universo: spazio celeste, vapori, colore e luce, fulmine, vento, acqua, montagne, terra.

Ma il fatto più sorprendente è che la forma ovale, che domina tutta la composizione, è essa stessa il segno della cifra 8. Un ovale, infatti, ha due centri rispetto al cerchio che ne ha uno solo. I due centri sono il maschile e femminile, e rappresentano, come già detto, il movimento, l’equilibrio, la vita.
Ed è straordinario che il movimento dell’Energia Vitale scoperta da Wilhelm Reich ripeta la forma del numero 8 movendosi, nel corpo umano dal basso in alto e dall’alto in basso tracciando per l’appunto le linee del numero 8. che sono comprese nell’ovale del corpo umano. L’uomo, purtroppo, per la sua cronica contrattura muscolare e caratteriale non sente più il movimento dell’Energia Vitale nel suo corpo, se non in determinate circostanze, che attribuisce ora al demonio, ora al rapimento mistico.
Il numero 8 prende forma nell’opera Bios e rappresenta la manifestazione estetica dell’artista nella continua ricerca dell’armonia, dell’equilibrio, della bellezza e della perfezione, che comunica al visitatore.
L’acqua, ricchissima d’energia vitale, anima il monumento, come elemento fondamentale della vita sia che scaturisca dalla terra, sia che dal cielo ritorni alla terra sotto forma di pioggia.
La Fontana è costruita in cemento armato, con rivestimenti in granigliato di marmo e granito, ciottoli di fiumara e manufatti in pietra. Si compone di cinque elementi tra loro collegati funzionalmente.
Il recinto ovale, lungo 18 metri e largo 6, è circondato da una panchina continua in cemento e marmo travertino. Al suo interno è rivestito con ciottoli di fiumara. E’ chiuso all’estremità da due cancelletti nei quali spiccano le figure di un sole e le forme geometriche del triangolo e dell’ovale.
Nel recinto quattro elementi: la base, il fuso convesso in posizione obliqua, il fuso concavo in posizione orizzontale e la vasca ad esso sottostante a forma di goccia, che raccoglie l’acqua e la rimanda nella base in un circuito chiuso.
La base rocciosa e grezza, quasi a significare la materia primigenia, il caos, il non conoscibile, perché non è dato vedere nel suo interno all’occhio dell’uomo. Essa è costituita da pietra arenaria di colore bianco, proveniente dalle cave del Salento. In questa si possono osservare ad occhio nudo conchiglie marine ed altri residui organici della vita sottomarina, caratteristica di tutte le terre emerse.
La vasca a forma di goccia di dimensioni minori rispetto al semifuso concavo soprastante è rivestita con ciottoli di fiumara come l’interno del recinto.

Il semifuso concavo, in posizione orizzontale di metri 8 di lunghezza e 2 di larghezza, è rivestito all’interno da pietre di fiume di colore marrone e grigio ed all’esterno da grani di colore bruno-rosato.
Il fuso obliquo anch’esso di 8 metri di lunghezza e 2 di larghezza, sovrasta l’intera composizione ed è rivestito di tessere di marmo bianco, viola, verde, marrone che danno riflessi azzurrognoli.
La dialettica degli opposti del vuoto e del pieno, del concavo e del convesso, dell’orizzontale e del quasi verticale, l’obliquo, richiamano gli opposti del femminile e del maschile.
La forma piena del fuso obliquo, simboleggia il sesso maschile. Mentre la forma del semifuso concavo, la posizione orizzontale, richiama alla mente il sesso femminile.
Il fuso pieno, inonda il fuso concavo, quasi baciandolo, di acqua che simboleggia il prodotto germinale.
Il visitatore legge, nei due fusi, sia pure ad un livello subconscio, una rappresentazione dell’unione dei due sessi.
Ma se la parte sta per il tutto e il tutto per la parte, se ne può dedurre che il fuso obliquo rappresenta l’uomo e il semifuso orizzontale la donna.
Se così è, come sembra, all’accoppiamento dell’uomo e della donna, segue la gestazione, rappresentata dalla base di pietra arenaria che simbolizza il grembo materno nel quale avviene qualcosa di sconosciuto, di invisibile e perciò di futuribile. In realtà trasmette l’acqua (la vita) al fuso pieno. Alla gestazione segue la nascita simbolizzata dalla vasca a forma di goccia, più piccola recinto sistemata nel sotto il fuso concavo.
Lo stesso oggetto, lo stesso elemento possono assumere significati diversi: così l’acqua che si versa dal fuso obliquo al concavo può rappresentare il prodotto germinale maschile, mentre quella che dal semifuso concavo scorre nella vasca a forma di goccia può significare il latte materno.
La madre (fuso concavo) dona il suo latte al figlio (vasca a goccia), con amore e con tenerezza perché l’acqua è riversata di lato dall’estremità del semifuso concavo, così come di lato si riversa in un recipiente un liquido prezioso perché non se ne perda una goccia, mentre il liquido versato dal becco di un recipiente, per il suo getto, può andare, sia pure in piccola parte, sparso per terra. Va rilevata, infatti, la differenza del furioso getto d’acqua dal fuso pieno al semifuso concavo, e la dolcezza della caduta a cascata da questo alla sottostante vasca a goccia.
Al di là delle intenzioni dell’autore, mi sembra che la sua opera richiami la condizione umana d’essere padre, madre e figlio, con un carattere sacrale della famiglia, sottolineato dal recinto.
E’ proprio questo, infatti, a rimarcare la sua sacralità.
Un recinto, infatti, separa l’area di gioco di una squadra di calcio dagli spettatori in un campo sportivo.
Un recinto separa i devoti dall’altare sul quale si consuma il sacrificio del Cristo.
Un recinto reale o immaginario separava la massa dei devoti dallo spazio riservato all’accoppiamento pubblico dell’arconte con l’arcontessa, durante le feste dionisiache; ed un recinto separava i devoti dall’altare ove si rappresentava l’uccisione di Adone. Entrambi i riti per propiziarsi le forze della natura per avere un ricco raccolto dei prodotti della terra. (N. Glielmi, Teatro e psichiatria, La Rota, Napoli, 1970)
E prima dei Greci nei templi dei Sumeri un recinto separava, dai devoti, l’altare (qui rappresentato dalla base bianca di pietra arenaria) sul quale si svolgeva il rito, sia che si trattasse del sacro accoppiamento di Ishtar, dea dell’amore con Gilgamesh, o della sacerdotessa col Dio, o della prostituta sacra con un forestiero per rinvigorire la razza; sia che si trattasse del sacrificio di un ragazzo per ricordare l’uccisione di Enkidu, amante di Gilgamesh (Thomas Cahil, Come gli Ebrei cambiarono il mondo, Fazi Editore, Roma,1999)
Un recinto racchiude l’altare per ricordare l’uccisione di Osiride presso gi Egizi.
Nella fontana di Wanderlingh il recinto è circondato da una panchina sulla quale lo spettatore può stare seduto a mirare l’opera, e, simbolicamente, il devoto in ginocchio per partecipare al rito.
L’autore, egli stesso ispirato dall’Energia Vitale, ci parla della sua evoluzione sulla terra.
In una società nella quale i grandi miti ideologici sono caduti, e tutti i valori sono offuscati, o in via di trasformazione, l’opera di Wandelingh ripropone quei valori fondamentali che hanno guidato l’umanità nella sua evoluzione, fin dall’inizio, con un valore positivo e sacrale della sessualità e della famiglia. La sua, a mio giudizio, per tutto quanto detto, è un’opera di grande valore etico, pedagogico e spirituale.

L’artista Ranieri Wanderlingh, unico in Italia, potrebbe avere il merito di avere reso plastica, e quindi comprensibile per la maggioranza delle persone, la grande scoperta reichiana dell’Energia Vitale, rifiutata dalla Cultura Ufficiale, che non solo non ha verificato la scoperta di Wilhelm Reich sull’orgone, ma non permette neppure l’ingresso nelle sue aule della “Psicologia di massa del fascismo”, un testo scritto negli anni trenta che se fosse stato introdotto e compreso nei circoli culturali dell’epoca, avrebbe potuto, forse, modificare quella mentalità appestata diffusa ed imperante che condusse l’umanità alla tragedia della seconda guerra mondiale.
La città di Messina che si collocherebbe, secondo alcune statistiche, negli ultimi posti della cultura italiana, può andare orgogliosa della Fontana Bios di Ranieri Wanderlingh, così come Atene del suo Partenone. Il paragone è azzardato, e senz’altro improponibile, ma intendo dire che la fontana Bios non è un’opera stereotipa, un’idea fissa sulla quale centinaia di artisti del miglior conio hanno consumato la loro nevrosi religiosa ed il loro malessere psichico, ma un’opera nuova con idee nuove che tuttavia affondano le radici nell’evoluzione della specie umana.
Soltanto sull’inospitale, selvaggio e roccioso territorio dell’Attica poteva essere costruita Atene (E. B. Tylor). Soltanto a Messina l’opera di Ranieri Wanderlingh sponsorizzata da la “Gazzetta del Sud”, cui va il merito di avere abbellito la città con un’opera straordinaria.
Sono convinto che se Wanderlingh vivesse a Roma o a Milano, non avrebbe potuto concepire una tale opera.
Avrebbe potuto fare la recinzione di una Villa Comunale, con ossessive forme cilindriche con punte illuminate che si elevano verso il cielo come falli plutocratici.
Nello scorso settembre ho ricevuto un gruppo di studenti di filosofia e di psicologia che mi chiedevano più precise notizie sull’Energia Vitale di Wilhelm Reich. Concludevo l’incontro dicendo: “Se volete un’idea plastica sull’Energia Vitale, tornate a Messina per visitare la fontana Bios di Wanderlingh. Vi troverete anche il concetto dell’infinito e del movimento dell’Energia Vitale espressi nella figura dell’8.”





foto Vincenzo Chisari


foto Vincenzo Chisari


foto Vincenzo Chisari


foto di galassia a spirale NG1566


Disegno indicante i due flussi di energia orgonica cosmica, relativo alla foto precedente; immagini tratte dal libro “Superimposizione cosmica” di W. Reich


Il disegno precedente, ruotato, sovrapposto al quadro notte con cielo stellato di Vincent Van Gog.

lo stesso disegno sovrapposto al profilo della fontana Bios

foto R. Wanderlingh

foto Vincenzo Chisari

foto R. Wanderlingh

foto Vincenzo Chisari

foto Vincenzo Chisari

foto Vincenzo Chisari

foto Vincenzo Chisari

Bios, la vita che sempre ricomincia.
Saggio di Daniela Migliorato.

FORMA.
La nuova fontana della “Passeggiata a Mare” (collocata laddove c’era la vecchia vasca abbandonata) è stata progettata da tempo per tutt’altra collocazione dall’artista messinese Ranieri Wanderlingh e finalmente realizzata. Si tratta di Bios un’opera le cui dimensioni non passano inosservate (18 metri di lunghezza e sei di altezza), sebbene il suo sviluppo prevalentemente orizzontale, piuttosto che verticale, assecondi lo sviluppo anch’esso orizzontale del luogo che la ospita, della vegetazione presente ed, ovviamente, del mare alle spalle (o di fronte, a seconda della posizione da cui la si guarda), connotandola come un luogo dove lo sguardo possa posarsi oppure trascorrere oltre, alla stessa maniera in cui i frequentatori della “passeggiata” sono liberi di passarvi accanto o di sostare sui sedili ai margini dell’opera/fontana.
In questa maestosa forma c’è un desiderio di monumentalità, il nome con cui è stata battezzata è come il titolo di una messa in scena che ci costringe ad analizzare l’operazione che ne ha reso gli elementi formali materia dinamica; ma prima di ciò voglio guardarla come un grande omaggio al movimento universale, ai valori della dinamica (creazione ed arte, vita e gioco).
Una Iside “minimalista” (minimalista soltanto per il ricorso alla modularità, ma potremmo dire meglio ridotta alla forma estremamente originaria del fuso): “così questa da noi la chiamiamo Iside, dall’unione di “scienza” (epistéme) e “movimento” (kìnesis), e col nome di Iside la chiamano anche gli Egiziani. […] anche lo spirito e l’intelligenza vengono definiti come un’ impulso e un movimento della mente che si indirizza e viene sospinta verso una meta, e così pure la comprensione e il bene in genere e la virtù sono concepite come realtà scorrenti e trasportate in un moto veloce. Con i termini opposti viene invece stigmatizzato il male: esso è un ostacolo per la natura, qualcosa che la lega e la trattiene e le impedisce di muoversi e di procedere” (Plutarco, Iside e Osiride, capit. 60).
Ma: “Si può forse affermare che anche Esiodo quando pone come elementi primi solo il Caos, la Terra, il Tartaro ed Eros, non intenda assumere altri principi genetici diversi, ma esclusivamente questi: infatti quando noi diamo ad Iside il nome di Terra, a Osiride il nome di Eros e a Tifone il nome di Tartaro, altro non è che una semplice trasposizione verbale, dato che il Caos in Esiodo sembra essere unicamente lo spazio sottostante l’Universo” (Plut., Ibidem, capit. 57). Lo stesso Eros nell’antichità non si trova a svolgere la funzione di mettere in moto ogni cosa (motore)? Egli darà l’impulso al movimento che porterà alla creazione di più generazioni divine fino all’ultima generazione (quella di Zeus, figlio di Cronos) ed alla creazione della vita umana. Scienza, movimento, impulso sono all’origine della Vita, poi verrà il Tempo, senza il quale la Vita non potrebbe manifestarsi.

L’opera è composta da un primo elemento obliquo: un grande fuso (tutto rivestito da frammenti di marmo e granito dal colore chiaro) sostenuto da una base in pietra volutamente informe (che si restringe al centro, come un grande collo). L’appoggio del primo elemento sul secondo non è un appoggio solido, ma appare come uno sfiorarsi, o come uno scivolamento verso terra dell’ovoidale (il cui baricentro non coincide con l’asse mediano). Questo movimento di scivolamento apparente (il vero sostegno è la struttura –nascosta- dell’opera) è accentuato da una rotazione di 15° sul proprio asse rispetto alla base. Tale dinamica è soltanto un potenziale gioco: un gioco plastico per contenere il vero gioco: il compito che la fontana svolgerà senza sosta. Infatti il Fuso è un enorme contenitore d’acqua e la sua dinamica è tutta riferita al compito di riversare il proprio contenuto dalla sua punta più bassa. La vasca sottostante che r-accoglie l’acqua è la ripetizione cava della forma precedente. Anch’essa ricoperta all’esterno in mosaico di granito, si presenta con una colorazione rossastra, come portasse in sé le tracce del suo rapporto con la terra – origine e nutrimento di ogni cosa.
Il contenuto a sua volta trasborda attraverso una cascata che disegna fuori dalla cavità un meraviglioso velo d’acqua che andrà a riempire una piccola conca scavata sul terreno. Quest’ultima segue come un’orma la forma degli elementi originari ma semplificandoli al minimo ( minimo spessore ; riduzione delle misure; dimezzamento ulteriore del modulo: che risulta mancante di una delle punte; ammorbidimento degli spigoli: riduzione a goccia). Da qui l’acqua ritornerà attraverso un canale nascosto al suo punto di partenza (sistema a circuito chiuso).
Tutto questo meccanismo è racchiuso da un tracciato, come a contenerne l’energia, ad onta di qualsiasi dispersione, ma anche a rivelarne l’esistenza. E’ forse un recinto: anch’esso disegna due grandi ellissi allungate ai margini, collegati da due cancelletti in ferro con il simbolo del Sole.
Il recinto in questo caso è anche il luogo dell’accoglienza, dell’apertura al sociale, perché funge da focalizzatore dell’attenzione ma è anche un invito alla sosta (trattandosi di un sedile).

MULTIFORME.
La collocazione nello spazio degli elementi descritti restituisce una forma molto più complessa di quanto non sembri accostandosi in un primo momento da uno dei suoi lati.
La composizione, anche a causa delle dimensioni, produce un effetto sorprendentemente polimorfico, a cui si aggiungono la possibilità di ruotare attorno alla vasca e le implicazioni semantiche dell’incontro della forma piena con la forma cava ed –ancora- la presenza dell’acqua.
Chi la incontra si renderà immediatamente conto di quanto sia variabile, ad ogni minimo spostamento attorno ad essa, toccando i due estremi di massima e di minima estensione. Polimorfia e illusione di movimento (frutto di un sapiente calcolo costruttivo) derivano da un unico seme di ricerca su una forma primaria: il Fuso, che in natura è seme, ma anche nucleo originario e che proprio grazie al movimento da cui prende vita in questa composizione scultorea è capace di innescare illusionisticamente la derivazione di tante altre forme primarie della natura, ed in primo luogo in maniera assoluta la forma dell’ Uovo (forma che rappresenta la nascita, l’origine assoluta di tutte le cose; ma potremmo anche dire forma di testa, occhio, pancia, braccio, bozzo, …persino luna…).
La sintesi in quest’opera è totale, producendo allo stesso tempo un’apertura contenutistica quasi infinita (come infinito è il contenuto del segno-parola Bios).
Bisogna chiarire immediatamente che la sintesi è frutto non di un’operazione di astrazione (come avveniva per l’arte detta minimalista) ma di un’assonanza tra le forme naturali con le forme della geometria.
La ricerca, in scultura, di una sintesi che dalle forme naturali porti necessariamente alla perfezione geometrica è stata condotta in modo dichiarato dallo scultore Constantin Brançusi. In quest’opera Wanderlingh, come abbiamo detto, procede per assonanza ed affida gran parte del risultato all’equilibrio delle misure (la lunghezza è tre volte l’altezza) ed alla riduzione del modulo via via che ci si avvicina alla terra (e che si compie l’atto purificatorio dell’acqua). Così contenuto e forma non sembrano due entità separate (miracolo del totemismo) e dunque il fruitore non è né costretto ad una operazione interpretativa, né violentato da una verità sfacciatamente evidente. Del resto potremmo quasi dire che l’opera non abbia una misura data (non è un ingigantimento della vita vista al microscopio oppure il rimpicciolimento dei movimenti celesti) è semplicemente data, presente alle richieste della piazza che la ospita.

DINAMICA IN FORMA.
Perché ci sia vita deve esserci dis-equilibrio. L’Universo intero tende ad uno stato di equilibrio, vive in una perenne tensione all’eliminazione di ogni asimmetria. Anche l’uomo partecipa di questa legge universale ed, in psicologia, l’intenzione non è altro che il motore di ogni azione che conduca allo stabilire un equilibrio mancante o la soddisfazione di un bisogno (Principio del Piacere). Questa tendenza all’azione l’ho chiamata già all’inizio dinamica.
L’opera di Ranieri Wanderlingh è considerata una messa in scena di questo inesausto movimento universale. Si tratti del movimento celeste o della vita sulla terra: i moduli tendono a ripetersi.
Da una prima visione dell’opera questo elemento salta immediatamente agli occhi. L’analisi lo conferma. Ho parlato in primo luogo dell’appoggio del primo elemento (che chiamo per comodità ellissoide) sulla base. E’ sorprendente la leggerezza di questo appoggio, nient’affatto coerente con la pesantezza delle masse. Ciò implica due immediate considerazioni: la percezione del movimento è la risultante di una infinità di possibilità che l’occhio di chi guarda (in maniera del tutto inconsapevole) riceve a causa della posizione squilibrata dell’ellissoide: quello che prima ho chiamato movimento di scivolamento verso il basso; un rimbalzo verso l’alto; il curvarsi della materia (simbolica anfora) per permettere la fuoriuscita dell’acqua; … ma è anche il risultato di una visione che pone nettamente in contrasto (costruendo un equilibrio spiazzante) i due concetti di peso e di leggerezza. Il concetto di peso, a mio avviso, sembrerebbe in questo caso rimandare all’Istinto di Morte (ampiamente concettualizzato da Freud: tentativo di ritorno allo stato di quiete), mentre la leggerezza sarebbe il riflesso contrario, la resistenza della materia, il piacere dell’azione, in quanto non esiste leggerezza senza spinta attiva verso l’alto (conseguenza del Principio di Piacere che porterebbe ad un rinnovarsi del piacere di vivere e non al piacere della morte).
Prima di passare all’analisi dell’intera composizione mi sembra necessario soffermarmi ancora sull’ellissoide e sulla sua posizione lungo la linea diagonale. Troviamo nel testo Arte e Percezione visiva di Rudolf Arnheim la sintesi di alcuni concetti che vorrei sottolineare: “Una volta padroni dell’orientamento obliquo tanto il bambino che l’artista primitivo acquistano il mezzo più importante per distinguere l’azione dal riposo […] Auguste Rodin afferma che, per indicare un senso di movimento nei suoi busti, egli spesso conferiva loro “una certa inclinazione, una certa obliquità” […] I mulini a vento nei paesaggi olandesi appaiono fermi se le loro pale sono dipinte in posizione vertico-orizzontale, si muovono un poco quando sono costituite da un paio di diagonali orientate simmetricamente, e mostrano il massimo del movimento quando le diagonali sono orientate in una posizione fortemente asimmetrica e sbilanciata per quanto tutti e tre i tipi di orientamento siano noti come possibili fasi di movimento o di riposo.”

Inoltre, prima di analizzare la dimensione ritmica che assume la ripetizione del modulo elissoidale leggiamo ancora nello stesso paragrafo, dedicato a la dinamica dell’obliquità: “Secondo Lomazzo [pittore e scrittore del Cinquecento], non esiste forma più atta a descrivere tale movimento di quella della fiamma, del fuoco, che per Aristotele e altri filosofi è elemento più attivo di tutti gli altri […] Essa infatti possiede un cono o punta aguzza con cui sembra dividere l’aria così da poter ascendere alla sua propria sfera. Lomazzo conclude dicendo che una figura umana che abbia tale forma sarà la più riuscita. […] La dinamica aumenta col variare del ritmo del gradiente […] Il movimento è ancora più libero quando in foglie o vasi si verificano dei cambiamenti dall’espansione alla contrazione e viceversa (Se coprite la figura con un foglio di carta e la scoprite lentamente in senso verticale potrete sperimentare meglio la forza del rigonfiarsi e del convergere).” Il ritmo binario del respiro è una perfetta dinamica di contrazione e distensione, il ritmo binario del cuore è dato da compressione e rilassamento… lo stomaco durante la digestione ne segue il modello… l’Universo in espansione per lo stesso motivo dovrà contrarsi…

IL MOMENTO (EQUILIBRIO).
Torniamo alla totalità della composizione e quindi alla dinamica prodotta dall’incontro tra l’ellissoide pieno (il Fuso) e quello cavo.
Non è un caso che la rotazione di 15° sia uguale alla rotazione dell’asse terrestre rispetto al piano della propria orbita. Il ciclo dell’acqua e l’incontro tra le due forme hanno la stessa dinamica dell’amore tra la Terra e il Cielo e della fecondazione attraverso la pioggia: “Gea per primo generò, uguale a sé, / Urano stellato, ché tutta in giro la chiudesse, / […] dopo, / giaciuta con Urano, partorì Oceano dai gorghi profondi […]” (Esiodo, Teogonia,vv. 125-133).

La dinamica sembra sciogliersi verso una stasi orizzontale in cui l’asimmetria è accettata dall’occhio come un effetto del riposo, fino ad un sorriso coperto dal suono dell’acqua.
La piccola cascata che si forma al bordo estremo della grande vasca sembra un atto di sereno abbandono. Un dono concesso senza sforzo, senza volontà. Apertura asimmetrica al fine di continuare il ciclo dell’acqua.

Questo è il momento in cui tutte le forze si equilibrano. La tensione dell’obliquità si modula verso il suo stato di quiete, verso una rassicurante orizzontalità. L’orizzontalità afferma il carattere di riposo che attribuiamo alla distesa del mare, ma allude soprattutto al carattere femminile colto per i suoi attributi di fecondità (nascita), accoglienza (vita), equilibrio (spiritualità), asimmetria (concedersi). L’opera da questo punto di vista appare un omaggio alla fecondazione e un’opposizione alla dominante tendenza fallocratica espressa dalla rigidità delle linee verticali: Canova ritraendo sdraiata Paolina Buonaparte ne coglieva mirabilmente la femminilità, così nella Venere di Urbino di Tiziano e nella Nascita di Venere di Alexandre Cabanél, etc…

CRONOS. DIREZIONE.
“E dopo di loro venne il più giovane, Cronos dai tortuosi consigli, / Il più terribile tra i figli e concepì odio per il vigoroso genitore” La vita si manifesta nel tempo (attraverso il Tempo). In tale epoca secondo la cosmogonia esiodea Gea rimarrà per l’eternità custode di un ordine Universale precedente, e la Terra (con i suoi cicli, con i suoi ritmi ) sarà personificata da Demetra, capace di procreare ad ogni nuovo ciclo stagionale.
Se il tempo lo si legge attraverso le direzioni, quest’opera sembra contemporaneamente affermarne la presenza e l’assenza.
La lettura sequenziale dell’opera e la misura equilibrata del suo “procedere” verso il basso ci parlano di un infinito atto di fecondazione (inoltre la ripetizione del modulo geometrico vagamente ovoidale, anche se nella ripetizione risulta dimezzato, ricorda il simbolo che in matematica indica l’infinito). Così anche la lettura frontale da cui appare con vigore la potenza del getto, e in cui sembra di scorgere l’atto di una donna africana di partorire il suo bambino dentro un fossa riempita di acqua. La lettura simultanea dell’opera (accentuata dall’ordine inverso di lettura che se ne ha girandovi al fianco opposto) ci parla di un Universo colto nel suo atto di espansione e contrazione (già sintetizzato nella forma del fuso).

PACE/RISULTATO/EQUILIBRIO.
Invertendo in noi la percezione del moto di caduta dell’acqua, vediamo una grande testa che si china per bere da una fonte sacra. Aggiungiamo questa particolare suggestione, non tanto per aiutare la lettura polimorfica dell’opera, quanto per sottolineare ancora una volta l’effetto di leggerezza (e spinta verso l’alto) che prima avevamo letto come resistenza al peso.
Ciò per rileggere la simultaneità delle spinte :
l’azione della grande base (collo) è un’azione verso l’alto racchiusa tra due forze che possiamo chiamare “morbide”: una di peso del fuso e l’altra di riposo della conca.
L’energia “dura” (nella tradizione balinese il concetto è espresso dalla parola keras) è contenuta tra due energie di tipo opposto (manis) e in qualche modo ne devia le direzioni. Ne risulta un’energia che procede asintoticamente rispetto alla terra: non è anche questo un movimento di scivolamento?
La risultante delle forze è un’energia morbida che fluisce senza mai arrivare completamente ad esaurire il suo moto in un punto estremo.
L’energia manis di peso del fuso nel suo incontro con la spinta contraria risulta anch’essa attivata: è come colta nella sua posizione di massimo squilibrio attivo.
Nella psicologia junghiana questi concetti sono espressi dai termini anima e animus che in qualche modo hanno a che fare con l’energia interiore femminile (morbida, capace di vibrare) e l’energia interiore maschile (aggressiva, capace di manifestare i moti dell’anima).
L’incontro non annulla nessuna delle due forze: per esserci vita deve esserci equilibrio, come per la vita umana la pulsazione del cuore – di tipo keras – non viene annullata dal fluire del respiro.

LUNA /LA FORMA DELL’OMBRA/ ANTICHE SUGGESTIONI.
Il contorno dell’ombra ha una forma lunare…
L’equibrio di cui abbiamo parlato visivamente, si è detto, si risolve in un percorso che dall’obliquità tende verso un’orizzontalità.
Il risultato è un’immagine armoniosa, composta da elementi ancestrali profondamente radicati. Subliminale messaggio di pace.

“La nascita e la sostanza di questo universo derivano dalla mescolanza di forze contrarie ma non di uguale potenza, dato che il principio vincente è sempre il buono
[…] Nella terra, nel vento, nell’acqua, nel cielo, nelle stelle, tutto ciò che risulta ordinato, fisso e sano, come le stagioni, il clima e i vari cicli periodici, deriva da Osiride ed è immagine riflessa di lui” (Plutarco, Iside e Osiride, cap. 49 A/B)
“IL nome di Osiride […] viene scritto con l’immagine di un occhio e di uno scettro: l’uno è simbolo della provvidenza, l’altro del potere […]
Quando scende al fiume [sotto forma di sparviero] per bere, tiene le ali ritte in alto e poi, dopo aver bevuto, le distende; da questo si capisce che è in salvo e che è riuscito a sfuggire al coccodrillo
[…] comuni a tutto il paese sono poi le statue di Osiride di tipo antropomorfo o itifallico, simbolo di fecondità e potere vitale.” (cap. 51 E/F)
“Poi, al solstizio d’inverno, fanno girare la vacca intorno al tempio per sette volte: è questa la cosiddetta <<ricerca di Osiride>> , che simboleggia il desiderio di acqua che la dea [Iside] prova durante l’inverno
[…] sostengono che Iside altro non è se non la luna [luna crescente oppure luna nascosta] quando cioè è presa d’amore per il sole [Osiride] e lo insegue.
E’ questa la ragione per cui invocano la luna anche nelle faccende amorose: Eudosso anzi sostiene che Iside è la dea preposta all’amore” (capit. 52 C/D/E)
“Platone la chiama <<nutrice e genitrice che tutto riceve>> (cap.53 E).

IL LAVORO.
Il processo di costruzione dell’opera è un altro punto che sarebbe interessante conoscere, visto l’impiego di parecchie maestranze e mesi di lavoro per portare avanti un’opera la cui struttura, come si è visto, è fondamentale per dare l’illusione di leggerezza e movimento.
Sapiente è la scelta dei materiali naturali: frammenti di granito per la superficie delle due forme principali che oltre ad indicarne la complementarità (il pieno tende alla colorazione azzurra mentre il cavo al colore rosso) ne assicurano la brillantezza.
Il terreno è tutto rivestito in ciottolato di pietra.
Questi rivestimenti, naturalmente realizzati a mano dalle maestranze, sono stati soltanto la fatica finale di un’opera la cui anima in ferro zincato è composta da elementi di ben 212 misure diverse.

L’OPERA E LA CITTA’/L’ASPETTO SOCIALE.
Ranieri Wanderlingh aveva progettato da più di dieci anni la sua opera/fontana, che appare come bozzetto in un catalogo realizzato in occasione di una mostra dei suoi dipinti all’ Atelier sul Mare (Castel di Tusa). L’idea era quella di aderire con questa scultura a Fiumara d’Arte, iniziativa che aveva come tema principale la riqualificazione di alcuni luoghi attraverso l’estetica e l’arte. L’iniziativa pur partendo dal fondamentale (anzi imprescindibile) principio del dialogo tra le opere e i luoghi, è rimasta alla sua prima fase di attuazione, in quanto le opere realizzate risultano abusive agli occhi della legge!
La fontana di Wanderlingh viene concepita quindi, dalla idea iniziale fino alla realizzazione, come opera d’arte ambientale (che viva soltanto in rapporto con il suo ambiente). Nell’idea originaria la sua collocazione era pensata proprio nello stesso rapporto con l’ambiente marino che ha oggi alla Passeggiata a Mare.
Ciò che, però, arricchisce semanticamente questa fontana con la sua attuale collocazione è il dialogo con un ambiente al contempo naturale e cittadino. E’ la funzione potentemente sociale dell’opera che viene attivata.
Di riflesso la piazza che la contiene subisce una cambiamento a mio parere estremamente positivo con la sua presenza rassicurante. L’opera non è presente per essere interpretata ma comunica con la sua presenza, con i suoi contenuti ancestrali a livello molto più profondo di quanto non siano dei segni culturalmente interpretabili perché presenta delle forme primitive oltre ad attirare a sé lo sguardo trascorre la soltanto guardata con gli occhi ma per essere vissuta. Niente di strano per un artista che concepisce tra le sue fantasie l’immagine di una città che sia in un rapporto estetico con i propri abitanti attraverso la presenza di tante opere d’arte, come si legge nel progetto “Museo aperto” ideato dallo stesso artista.






foto Vincenzo Chisari

foto R. Wanderlingh

foto Vincenzo Chisari

disegno tratto da Lomazzo


Studio sulla forma a fuso in natura realizzata
da Ranieri Wanderlingh

foto Vincenzo Chisari

foto R. Wanderlingh

foto R. Wanderlingh

foto R. Wanderlingh

foto Vincenzo Chisari


foto Vincenzo Chisari


foto Vincenzo Chisari
BIOS – La fontana della vita
Diario costruttivo dell’opera.
Antonio Rizzo

La Fontana “Bios la vita che sempre ricomincia” opera del Maestro Ranieri Wanderlingh è stata donata alla città il primo agosto del 2005 dalla Gazzetta del Sud, in occasione del cinquantenario della fondazione del giornale.
La sistemazione dell’opera rientra nell’ambito del progetto “Museo aperto città di Messina”, stilato dallo stesso artista nel 1998, che prevede la sistemazione di opere d’arte in spazi urbani, nell’ambito di un percorso atto ad arricchire e rivalutare, anche a fini turistici, il patrimonio di beni culturali della città, già penalizzata dal terremoto del 1908,.
L’incarico è stato affidato nell’aprile 2002, i lavori sono stati iniziati nel gennaio 2004.
L’ing. Rosario D’Andrea ha svolto la progettazione esecutiva dell’opera, un lavoro non privo di difficoltà considerando l’ardimento dei volumi e del loro posizionamento.
La progettazione si è concretata dopo un attento rilievo del modello, eseguito in stretta collaborazione con l’autore che lo aveva realizzato in scala 1 a 23,6 definendolo in ogni dettaglio. D’Andrea, ottenute le necessarie autorizzazioni, ha diretto i lavori di costruzione, mentre Wanderlingh si è sempre occupato della direzione artistica.
L’impresa “ing. Filippo Rizzo – Costruzioni e Impianti”, con direttori tecnici l’ing. Antonio Rizzo e l’arch. Giovanni Rizzo, incaricata dalla S.E.S. s.p.a. della costruzione dell’opera d’arte “Bios”, ha realizzato al computer i modelli spaziali sia della vasca che dello sferoide con le misure esatte tridimensionali dei volumi da realizzare.
Con interpolazioni successive effettuate ogni 15 cm. sulla lunghezza totale di 9 metri dello sviluppo della vasca, ha individuato esattamente il volume da realizzare tracciando 63 sezioni che sono state trasferite su carta in vera grandezza. Tutti i disegni sono stati riportati su supporti rigidi e su questi si sono materializzati, con riscontri fissati ogni 5 centimetri, i tracciati reali per le armature in acciaio disposte sulle due facce, interna ed esterna, della parete in calcestruzzo.
Si sono poi sagomati a mano i due ferri di ogni sezione secondo il preciso tracciato definito al computer e si sono saldati con gli opportuni distanziatori.
Con le coordinate spaziali di ognuna delle 63 sezioni si è eseguito il montaggio, a partire dalla sezione equatoriale, sia per il blocco nord che per il blocco sud e si è completata l’armatura saldando sulle due facce principali i tondini d’acciaio della ripartizione longitudinale, realizzando così una doppia maglia spaziale di tondini d’acciaio con 15x15 centimetri di lato.

Successivamente le armature preassemblate sono state inviate alla zincheria di Lamezia Terme dove sono state immerse nelle vasche con zinco fuso a 750° per la completa zincatura a caldo.
Frattanto in cantiere sono state ultimate le fondazioni e predisposte le canalizzazioni per gli impianti, si sono sagomate le sezioni della carpenteria per realizzare il fasciame in legno per i getti, come disegnate al computer , si è poi iniziato il montaggio della carpenteria di sostegno e del fasciame in legno e si sono inserite le armature preassemblate e zincate nelle carpenterie eseguite.
Completato il fasciame della vasca esterna si è proceduto alla realizzazione della carpenteria interna per effettuare il successivo getto con l’uso di calcestruzzo dotato di speciali additivi.
Pure per lo sferoide si è iniziata la costruzione rilevando gli elementi base per il disegno delle varie sezioni che sono state trattate al computer. Si è proceduto alle stesse fasi esecutive adoperate per la costruzione della vasca ma queste si sono rese assai più complesse per la forma, le dimensioni e la posizione della struttura dello sferoide.
Successivamente si è proceduto alla impermeabilizzazione ed al rivestimento interno della vasca con l’uso di ciottoli scelti di pietra di fiume. Dopo attenta rifinitura delle superfici, per il rivestimento esterno della vasca e dello sferoide si è proceduto alla posa del mosaico costituito da grani di marmi e graniti di 10 tipologie, posati singolarmente, con una granulometria compresa tra cm 1,5 e 2,5, secondo le rispettive percentuali definite dall’artista per ottenere l’effetto cromatico finale.
Infine si è proceduto alla pavimentazione dell’area di base con ciottoli in pietra, al completamento dell’ impianto idrico ed elettrico con l’illuminazione a pavimento ed all’interno della vasca ed al rivestimento del pilastro di sostegno dello sferoide realizzato con 4 blocchi di pietra leccese appositamente scolpiti in cava su direzione dell’artista.
I numeri caratteristici dell’opera d’arte risultano: altezza 7 metri; lunghezza 18 metri; 7.500 Kg di acciaio zincato a caldo; 600 mq. di carpenteria in legno; 3.000 Kg. di marmo di dieci varietà per mq 71 di mosaico.

Disegno di progetto, rendering rivestimenti e gioco dell'acqua, R.Wanderlingh

Disegno di progetto, prospetto laterale, di Rosario D'Andrea

Disegno di progetto, rendering rivestimenti, R.Wanderlingh.

Disegno di progetto, pianta, di Rosario D'Andrea.

Disegni da progettazione in 3D, studio Rizzo

foto Giovanni Rizzo

foto Giovanni Rizzo

foto Giovanni Rizzo

foto Giovanni Rizzo

foto Giovanni Rizzo

foto Giovanni Rizzo

Il Maestro Ranieri Wanderlingh,
Ing. Filippo Rizzo, Ing. Rosario D' Andrea

Contatti: ranieri.wanderlingh@fastwebnet.it